giovedì 6 novembre 2014

New York, 7 Novembre 2004

Era il 7 Novembre del 2004. Era 10 anni esatti fa.
E un 34-enne corridore trentino stava per vivere il più grande sogno sportivo della sua vita. Dopo avere visto quella scena tante volte alla TV con la ripresa dall’elicottero, era proprio sotto l’arco di partenza della gara di corsa più importante del mondo. La Maratona di New York!
Avevo immaginato quella scena non so quante volte ed essere davvero lì in quel momento sembrava qualcosa di irreale, impossibile, quasi una dissociazione fisica e temporale.
Cosa è rimasto 3650 giorni dopo? Il tempo, inesorabile cancella il dettaglio dei ricordi, ma la memoria dei sentimenti è ancora molto viva e non si è assopita.
Ricordo l'emozione sul pullman che ci portava alla partenza, attraversando il ponte di Verrazzano in senso opposto a quello di percorrenza della corsa.
L'impressionante massa di persone nell'area della partenza.
La soddisfazione di essere nel primo gruppo in partenza: poter stare comodi fino a 20 minuti dallo start in un area dedicata, ed essere poi portati dagli addetti a 5 metri dall'arco della partenza.
L'inno americano cantato a cappella, da pelle d'oca, e poi la cannonata dello start sentita nello stomaco.
Quando mi sono girato in cima al ponte di Verrazzano e ho visto una colonna umana lunga un miglio, e un brivido mi ha percorso la schiena. Quel fotogramma mi è rimasto stampato in testa come pochi.
I passaggi a Brooklyn, nel Queens. Il Queesnboro , e quella strana sensazione di un passaggio al coperto.
Il boato della folla nella piazzetta subito usciti dal Queensboro.
L'inizio della prima fatica nella first avenue e i grattacieli di Manhattan.
La fatica vera, quella dura senza pietà, dentro il Central Park.
La salita terribile del 40° km , nel lato corto del Central Park.
Ma poi il passaggio al Columbus Circle che annunciava che ormai ce l'avevo fatta.E infine gli ultimi metri : una gioia immensa, incontenibile, felicità allo stato puro. Forse per un non appassionato sembra una frase piena di enfasi, ma chi ha la vera passione per la corsa nell'anima può capire certamente che forse è addirittura riduttivo.
Al passaggio del traguardo non contava più nulla. I sacrifici per prepararsi, il viaggio, la fatica dei 42 Km corsi, il tempo impiegato. Era un sogno, che si era realizzato.
Ero lì, c'ero. Stavo vivendo. Era tutto perfetto, fantastico. Una favola.
Ora sono passati dieci anni, i capelli si stanno colorando di bianco, le prestazioni atletiche stanno inesorabilmente calando, anche se la passione per lo sport praticato è ancora fortunatamente grande e tutto sommato le gambe non girano ancora malaccio.
I ricordi di una carriera sportiva che ormai supera i 30 anni sono davvero tanti, ma quel giorno a New York io lo considero ancora come il coronamento dei  sacrifici, della passione, della volontà di rincorrere un sogno e con tenacia e applicazione totale riuscire a realizzarlo.
Tutt'ora sono combattuto fra quel leggero alone di malinconia perchè si guarda al passato, e la felicità della consapevolezza di avere avuto una grande, grandissima fortuna e privilegio nel potere aver vissuto quei momenti.
Si dice sempre che bisogna guardare avanti, ma in casi come questo  anche guardare indietro è una dolce carezza che fa bene al cuore.  


3 commenti:

Stefano ha detto...

Sembra ieri: http://www.fisolombardia.it/articoli2.php?ID_arti=92

Andrea Segatta ha detto...

:-)

Ciobin75 ha detto...

Bel resoconto. Non ho mai provato la gioia di finire una maratona (mi è bastata la mezza) ma essere partecipe della manifestazione sportiva più importante al mondo deve essere qualcosa di spettacolare.

Ciobin1975