Da tanto tempo avevo
in mente di salire sulla cima Tosa, nel cuore delle Dolomiti del Brenta, ma per
i motivi più vari, primo fra tutti la difficoltà di trovare un compagno di
avventura disponibile nelle mie poche date a disposizione, il progetto era
sempre naufragato.
Sì, perché per
salire la Tosa dalla via normale c’è un tratto di arrampicata di circa 30
metri, non molto difficoltoso (II-III° grado), ma che in caso di caduta è
facile immaginare quali conseguenze comporti. Necessario quindi, a meno di
essere dei campioni con un margine di sicurezza estremo o dei folli, salire in
cordata assicurati. Per come la penso io poi, anche se sei un campione che sale
su un tratto molto semplice l’imprevisto è sempre in agguato e se cadi,
campione o non campione, non avrai la possibilità di raccontarlo. Di errori di
quel tipo se ne fa uno solo. Inoltre non sono di certo un coraggioso, ma un
discreto pauroso da questo punto di vista.
Anche quest’anno
avevo programmato la salita della regina delle dolomiti del Brenta, 3170 m, per la fine di
Agosto, ma nemmeno questa volta ero riuscito a trovare un amico che potesse
condividere con me l’avventura.
Preso dallo sconforto ho consultato il mio amico Angelo, di nome e di fatto in quanto mi da sempre consigli preziosi in materia e anche fatto da capocordata in una bella via, nonché alpinista di livello molto superiore al mio. Angelo mi ha descritto la tecnica dell’autoassicurazione, e detto che nel caso nella normale della Tosa la cosa era fattibile sia perché avendo scalato assieme il mio livello tecnico era più che sufficiente, sia perché le laboriose manovre si dovevano fare una volta sola.
Preso
dall’entusiasmo per questa possibile soluzione, ho rotto ogni indugio e deciso
per la salita in solitaria…..forse ancora più stimolante dal punto di vista
dell’avventura.
Dopo avere consultato le varie relazioni (in rete si trovano davvero molte indicazioni ben fatte) ho deciso subito che la salita andava suddivisa in due giorni. Il primo con avvicinamento al rifugio Pedrotti, il secondo la cima partendo dal rifugio di buona mattina.
Consultando carte e
relazioni, si prospettavano due soluzioni : la prima con partenza dal rifugio
Valesinella sopra Madonna di Campiglio, la seconda dalla zona Molveno-Andalo.
Dopo vari ripensamenti la scelta è ricaduta sulla zona di Andalo-Molveno, se
non altro per il più breve viaggio in macchina, sia per la maggiore
spettacolarità del percorso di avvicinamento che percepivo.
Molte relazioni
citavano la zona di arrivo della funivia del Pradel di Molveno come punto
ideale di partenza, ma volendo fare una salita “pulita” ho voluto rinunciare
alla funivia e ho deciso di lasciare la macchina al parcheggio Val Biole appena
sopra Andalo, a circa 1180 metri di quota.

GIORNO 1 –
Parcheggio Val Biole – Rifugio Pedrotti
Frequentare l’alta
montagna richiede un primo step fondamentale per la sicurezza : l’osservazione
delle previsioni meteo che al giorno d’oggi sulle 48 ore hanno un livello di
precisione notevole. Da tempo mi sono convinto che il sito migliore, anche se
forse meno conosciuto, sia 3B Meteo e le previsione per il giorno 1 dicevano
temporali dalle 17.00 in poi.
Alle 11.00 circa sono quindi al parcheggio Val Biole, smanioso di partire per i 2500 m del rifugio Pedrotti dove da un paio di giorni ho prenotato il pernottamento.
Il tempo pare molto
buono, e non si vedono nubi all’orizzonte. Fa caldo, molto caldo e nello zaino
carico ben 4 litri di sali minerali. Serviranno nei miei piani anche per il
giorno 2 e mi sembra “tanta roba”, ma mi
accorgerò ben presto che le stime erano in difetto.
Assieme ai 4 kg di
abbeveraggio nello zaino ci sono: 4 panini, 60 metri di “mezza corda” (prestata
generosamente da Angelo) , tutti i ferri del mestiere (imbrago, kit da ferrata,
5 moschettoni, 4 rinvii, discensore a piastrina, 3 cordini in kevlar, maglia
rapida) , abbigliamento con 2 ricambi sia per tempo caldo che per tempo freddo
e poco altro. Il peso complessivo è scoraggiante, sono circa 12 kg e fare 1400
metri di dislivello con quel peso addosso, non essendo molto abituato, si
rivelerà una faticaccia immane che non immaginavo così grande.
Comunque si parte. Primo step Baita Pineta dove per 100 metri proseguo diritto mancando clamorosamente il bivio, distratto dal cartello “Zona dell’Orso” con tanto di istruzioni comportamentali. Per fortuna me ne accorgo subito e perdo 5 minuti appena fra errore e rientro. Secondo step all’arrivo della funivia del Pradel con vista panoramica sul lago di Molveno. Terzo step il bellissimo sentiero panoramico che porta ai circa 1450 metri del rifugio “Croz dell’Altissimo” da cui si iniziano ad intravedere le guglie del Brenta e in particolare la montagna che da sempre più mi ha affascinato : il Campanil Basso. Anche da lontano è splendido e imponente, e il suo fascino mi ammalia inevitabilmente. Dopo circa 1h’30’ sono al “Croz dell’Altissimo”. Fa un caldo inaspettato, e nonostante l’abbigliamento tecnico sudo in modo copioso. Ho una sete bestiale, e mi rendo conto che se non mi limitassi farei fuori tutti e quattro i litri di sali già il primo giorno.
Il quarto step di
giornata è il rifugio Selvata a circa 1650 metri. Si inizia a salire sul serio
e le pendenze aumentano. Arrivo al rifugio e faccio la prima sosta di giornata,
con panino che sbrano letteralmente. Le 17.00 sono ancora lontane ma nonostante
un cielo non ancora molto coperto sento qualche goccia cadere.
Mi prende un certo senso di ansia…. la strada per il Pedrotti è ancora molto lunga. Se i temporali arrivano in anticipo? Non è certo una bella cosa trovarsi in mezzo a uno degli attuali devastanti temporali estivi , magari a 2000 metri fra le montagne. Riparto “a bomba” per la mia salita verso il quinto step : il baito denominato “Massodi” a circa 1950 metri. Mente salgo ci sono momenti in cui la pioggia pare salire di intensità, come la mia preoccupazione, ma per fortuna va e viene e le nuvole si alternano a schiarite in cui compare pure il sole. Non si capisce bene “che tempo che fa”. Sta di fatto che dopo circa 2h30’ sono al baito Massodi, inizio ad essere stanco, ma in alto compaiono alla mia vista i rifugi Tosa e Pedrotti. E’ una notevole spinta motivazionale: riparto di slancio anche se occorrerà ancora parecchio per arrivare a destinazione.
Il paesaggio attorno a me nel frattempo diventa meraviglioso. Mi accorgo che la mente abbandona ogni pensiero negativo ed entra in simbiosi con quella natura così fantastica. E’ una sensazione bellissima, la magia della montagna fa in parte dimenticare la fatica che sia per la salita e specialmente per il peso dello zaino è tanta. Le gambe si fanno dure e anche superare qualche gradone di sassi a volte richiede un discreto sforzo, i bastoncini aiutano.
programma un pezzo delle bocchette centrali fino ad arrivare proprio sotto al campanile basso. Sono da solo, non c’è nessuno, sotto una delle montagne dei miei sogni. Sono molto emozionato e penso che si, un giorno forse riuscirò a salirlo questo campanile, certamente semmai guidato da un primo di cordata esperto. Vedere le soste delle doppie per la discesa sulla parete completamente verticale mi fa però un po’ di impressione.
Rientro in rifugio per le 19.00 circa, giusto in tempo per la cena. Sono da solo su un tavolo, ma un gruppo di tre persone forse intuisce che mi farebbe piacere un po’ di compagnia e mi invita a stare con loro. Dopo poche chiacchiere sui nostri programmi pare già di essere amici da tempo. E’ lo spirito della montagna, che tende a unire le persone e farti sentire parte di un'unico grande gruppo. Alle 21.00 è previsto lo spegnimento delle luci nelle camere, che avviene con precisione svizzera. Passeggio un po’ al buio fuori dal rifugio contemplando la suggestione dei rilievi in penombra, e poco dopo rientro in branda. Tappi da lavoro in spugnetta inseriti nelle orecchie, provvidenziali, data la potenza del russatore da competizione olimpica che c’è in stanza. Per fortuna è esattamente dall’altra parte della stanza, lui sotto e io unico in stanza nelle piazze alte dei letti a castello, e i tappi funzionano alla grande attenuando quasi del tutto quella terrificante macchina da disturbo del sonno.
La stanchezza fa il
resto e gioca a favore: nonostante il materasso un po’ spartano e vincendo le
mie preoccupazioni in merito alla difficoltà di dormire in rifugio crollo in un
sonno inaspettatamente profondo e ininterrotto. Alle 6.00 tutti si alzano, e
anch’io vinco la pigrizia in fretta per andare a fare colazione e partire per
“l’attacco” alla cima.
Il tempo è splendido
come da previsione 3B Meteo, e l’aria che si respira è di una freschezza e purezza
idilliaca
Il giorno 2 sta per
iniziare…..ma questo nella prossima puntata.
1 commento:
7+
ma lascia una riga vuota fra un paragrafo e l'altro, che aiuta a leggere...
:)
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