domenica 24 ottobre 2010

LO SPORT DEI RIMPIANTI . Sottotitolo dei campionati Trentini long 2010

Oggi nella zona attorno al rifugio Caltena ho corso quella che probabilmente è stata l’ultima gara in bosco del 2010. Ed è stata la perfetta sintesi di cosa l’orientamento quasi sempre si dimostra : lo sport dei rimpianti. Infatti schematizzando la gara di oggi posso dire di aver corso tre sottogare. La prima dal punto 1 al punto 10, la seconda i punti 11 e 12, la terza dal punto 13 alla fine.
Al via mi sentivo particolarmente bene, anche se i 430 metri di dislivello mi presentavano una gara non propriamente delle mie preferite.
Fatto sta che per i primi 10 punti ho corso forse la mia migliore gara di quest’anno, e sulla distanza long forse di sempre. Ognuna delle 10 lanterne era dove l’avevo localizzata, raggiungendola con un discreto ritmo di corsa e soprattutto con una sempre costante attenzione a ciò che facevo.
Leggendo gli split che l’ottima organizzazione Pavione ha già messo a disposizione questa sera (che bello..magari fosse sempre così!!) ne ho la conferma: viaggiavo a soli 3 minuti da Dario e Michele (in giornata di grazia) e addirittura davanti al “Cip” e al “Friz”.
Arrivato al punto 10 e pensando alla tratta verso la 11, la testa ben funzionante mi ha suggerito di fare molta attenzione in quanto il punto si presentava particolarmente insidioso. E qui inizia la seconda parte della mia gara. Ho diligentemente calato il ritmo, azionato il semaforo rosso e cercato di tenere il massimo contatto con al carta. Mano a mano che salivo per la strisciolina gialla in salita, mi rendevo conto che quel pezzo di bosco, letteralmente ricoperto di sassi di ogni dimensione, avrebbe reso la vita estremamente difficile… Finito il giallo ho deviato verso sinistra, puntando alla grandissima roccia a forma di U rovesciata. Ma da li in poi, lo ammetto, non ci ho capito più nulla. Ma proprio nulla. Un inferno di massi di ogni dimensione ammassati caoticamente rendevano il terreno tutto uguale e anche sforzandomi di cancellare il nero dalla carta, concentrarmi sulle curve di livello e sulle forme del terreno, non facevo altro che saltare con difficoltà da un masso all’altro domandami dove diavolo fossi finito. Una situazione di impotenza quasi assoluta… Per fortuna non ho perso la calma e applicando il manuale dell’orientista ho cercato di rilocalizzarmi al più presto senza perdere troppo tempo nel vagare a vuoto. Punto tutto a sinistra per trovare un sentiero che scende e la salvezza presto si materializza. Trovo il bivio con un altro senterino passante in un giallo che sembra portare facile alla zona dell’infida lanterna 123. Il punto, alla fine del sentierino, è a non più di 50 metri e tre curve in alto, ma nonostante procedo al passo per tenere sotto controllo direzione e distanza non la trovo. Eppure devo essere a pochi metri, ne sono certo e la cosa mi innervosisce un po’. Intanto arriva parecchia gente ma tutti vagano senza una meta precisa o un progetto definito di movimento da mettere in atto. E’ così che dopo qualche minuto arriva un imprecazione violenta, ma veramente violenta!!, di qualcuno che urla “ vardala qua sta bruta tr.. ” . Per nulla scandalizzato mi sposto di non più di 10 metri e arrivo al punto, quasi immerso fra i sassi. Sconfortato punzono non immaginando che il peggio ha ancora da arrivare. Parto in direzione verso la 12, con la consapevolezza che su un fondo così infame tenere una traiettoria rettilinea è praticamente impossibile, ma ci provo. Un paio di strani simboli di roccia mastodontici a forma di “ciambella triangolare” mi dovrebbero fornire un punto di attacco. Ma nell’infermo di sassi e rocce, di dimensioni anche mastodontiche non riseco a riconoscere quello che il cartografo voleva identificare. Vago a vuoto per un po’ finché decido di uscire sul sentiero e attaccare da li il punto. Un giallino sembra fornire il punto perfetto per entrare, e dopo circa 30-40 metri dovrei trovare il punto. Eseguo l’operazione quattro volte, camminando, contando i passi, spostandomi di 4-5 metri nei vari tentativi, guardando in ogni dove ma la 129 non mi si presenta davanti. Mi pare di impazzire (sportivamente parlando si intende perché poi qualcuno altrimenti parla di psicodrammi… giusto Dario?) perché SO CHE E’ LI’. Dopo minimo 20 minuti di questa pena decido di ritirarmi (nota, in 10 anni l’ho fatto una volta sola a Millegrobbe, colpito da un congelamento micidiale). Appena mi volto per tornare indietro… beffardamente a non più di 5 metri ecco il prisma ridermi in faccia… Da non crederci. Comunque il posizionamento è decisamente cattivello perché il punto è quasi coperto fra sasso e roccia.
Da lì in poi prendo le misure e le successive lanterne dalla 13 alla 17 non le faccio malaccio tanto che in un paio faccio segnare il secondo e terzo tempo parziale (sembra un paradosso… ma è il bello dell’orientamento).
Uscito da quell’inferno verso la 18 inizia la terza parte della gara che mi porterà alla fine. Corro bene, preciso, e mi riconosco il merito di impegnarmi a fondo, pur sapendo che ogni velleità di risultato è compromessa. Solo un errore da stanchezza alla 22 mi ruba un minutino ma il resto è decisamente soddisfacente, in particolare la tenuta fisica dato che la corsa, dopo quasi due ore di gara è ancora buona.
Un commento sereno sull’ “inferno” della zona sassosa mi va di farlo. In quel tipo di terreno ad altissima difficoltà tecnica, spesso viene da catalogare i punti come “lotteria”, e qualche volta in passato pure a me è venuto da pensarlo. La statistica però indica che in quei frangenti i migliori orientisti quasi sempre fanno la differenza sugli altri, e le lanterne le trovano eccome. Allora è sincero ammettere che di punti lotteria non si tratta, anzi, le difficoltà tecniche non fanno altro che scavare un solco fra l’atleta normale e quello che ha un qualcosa in più, rendendo giustizia ai più forti. Riconoscendo senza condizioni e attenuanti questo fatto non condivido però la posa di punti in situazioni così al limite, in zone dove il punto non lo vedi magari standoci a non più di tre metri, perché la morfologia del terreno non te lo consente. Questo non perché non sia giusto fornire problemi orientistici rilevanti ai concorrenti, ma perché credo si siano tante altre possibilità di tracciatura in grado di esaltare le capacità dei migliori senza per questo “imboscare” i punti in zone in cui chi è meno dotato di tecnica si deve più affidare alla fortuna o soprattutto al passaggio di altri atleti per andare alla lanterna.
Forse può sembrare strano, ma rianalizzando tutta la gara mi viene da essere soddisfatto. Obiettivamente nella zona dell’inferno, non ho da rimproverarmi più di tanto: i ragionamenti fatti erano quelli giusti, non ho perso la calma, ho cercato di rilocalizzarmi, ho attaccato i punti correttamente…. Solo la mia tecnica non si è rivelata sufficiente per andare a sbattere sul prisma con la precisione assoluta che quelle circostante particolari imponevano: sono meno bravo di altri e questo lo accetto con leale sportività. Per questo l’unica cosa da fare è complimentarsi sinceramente con chi è stato così bravo da trovare quei punti complicati senza il minimo errore.
Good bye 2010 orientistico in bosco, nonostante tutto credo di essermi migliorato almeno un po’.

6 commenti:

Cocu ha detto...

Calaita, Caltena o entrambi?

Andrea Segatta ha detto...

Hai ragione, mi sono sbagliato a scrivere.. il rifugio e la carta sono "Caltena".

Andrea Segatta ha detto...

Una marea di visite...nemmeno un commento su questa gara...
Forse il blog inizia ad essere un' inutile "autoreferenziazione"?
Mi sorprende però vedere come sale il contatore...

stegal ha detto...

Almeno 10 sono mie... ma non riuscivo a scaricare la cartina sul desktop per seguire in parallelo le gesta e la mappa.
E non ci sono riuscito ancora adesso, quindi per il commento delle tue performance into the rocks... devi aspettare :-)

carlo nessi ha detto...

Premetto che non ho partecipato alla gara, ma le sensazioni descritte da Andrea nella zona sassosa le ho sperimentate in altre occasioni. Credo che in queste situazioni sia utile che il tracciatore ed il posatore forniscano a fine gara il grafico con il percorso ideale che avevano ipotizzato per raggiungere le lanterne.

Andrea Segatta ha detto...

Caro Carlo
a me sembrava di avere individuato un'ottima scelta per arrivare al punto. Il problema è che non sono riuscito a compierla, non capendoci nulla!