Dopo tanta attesa, finalmente Domenica 23 ero la via della mia sesta maratona, 20 anni dopo la prima e 7 anni dall’ultima nella fantastica cornice di New York.
Come di abitudine il viaggio di trasferimento lo ho fato di Sabato e ho scelto di alloggiare in un campeggio a Mestre, per dormire nella confortevole “suite” che è il mio ormai adorato camper… E’ come dormire, confortevolmente a casa.
Sveglia alle 5.45 del mattino e dopo il più che legittimo rincoglionimento da alzataccia selvaggia, colazione abbondante e via in autobus verso la stazione di Mestre, da dove i mezzi dell’organizzazione, in 30 minuti circa ci hanno portato a Stra. Nella descrizione passo al tempo “presente” perché così ho l’occasione di rivivere quei magnifici momenti.
La mattina è frizzante, direi senza dubbio fredda: nei pressi di Stra due termometri fuori da un bar e una banca segnano 2 e 3 gradi… fa freddo per davvero.
Per alleggerire la zavorra, una volta arrivati in zona di partenza, mi aspetta un’estenuante coda di almeno 20 minuti per andare in bagno. Manca un ora alla partenza della gara e la tensione sale. A differenza delle edizioni a cui avevo partecipato anni fa la consegna della sacca indumenti è richiesta 50 minuti prima della partenza. Ingenuamente , non pensando a un freddo del genere a ad una consegna così anticipata, non ho portato una maglia “usa e getta” ed inoltre ho dimenticato di farmi la “pettorina” con il classico sacco delle immondizie. Corro quindi il rischio di assiderami letteralmente, ma un angelo sotto forma di una graziosa ragazza vedendomi infreddolito e tremolante, mi dice che avanza uno di quei fogli termici di alluminio e me lo regala. Non ho parole per ringraziarla…. Si dice che il mondo è tutto marcio ma capita anche di imbattersi persone capaci di un semplice gesto generoso come questo. Recupero subito temperatura e le gambe danno ottimi segnali. I venti minuti prima del via sono stupendi. Un’ emozione enorme e anche l’inno nazionale suonato pochi minuti prima del via da un tocco di solennità all’evento.
Finalmente si parte… una liberazione. Corro il primo km a 4’14’’, quasi perfetto, e nel frattempo mi affianca il pace-maker delle tre ore. Una manna penso, ma i successivi due km li corre a 4’06 e 4’05, ovvero un ritmo di corsa di 10 sec/km più veloce di quello che porta ai 180 minuti di gara. Decido di rallentate anche se le gambe vorrebbero stare lì….. ma l’esperienza insegna che a fare una cosa del genere di rischia di pagare dazio, anche drammaticamente. Prendo il mio ritmo molto bene e corro regolare fra i 4’12’’ e 4’15’’, con grande facilità. Sono contento, sono in gara, sto bene, mi sto divertendo, mi emoziono un sacco nel passare in mezzo ai paesi con la gente per la strada a incitarti senza sosta. Tutto questo è LA MARATONA. Non mi pare quasi vero dato che da 3 anni penso a questo momento. Passo ai 10 km in 42’04’’, alla mezza in 1h28’56’’ .
Nel frattempo inizio a fare caso che nei tratti in cui sono scoperto e corro da solo c’è un fastidiosissimo venticello contrario. Al 25° km vedo davanti a noi un mega gruppo di almeno 70-80 corridori, che seguono il pace-maker delle tre ore…. Sono sempre a una cinquantina di metri avanti ma non riesco a portarmi sotto. Il vento contro rompe e assieme ad altri due corridori decidiamo di “chiudere il buco” e portarci sotto per godere dell’effetto “mandria”. Due ottimi km a 4’05’’ e 4’06’’ ci permettono il ricongiungimento. Lì in mezzo si sta che è un piacere, sembra quasi di essere trascinati. Manca poco al 30° km, si inizia a fare sul serio. Il parco San Giuliano a Mestre è traumatico : salitone sul viadotto di accesso, discesa, altro lungo tratto in salita per il transito al 30° km (2h’07’00’’ , in perfetta tabella), poi discesina e altra salitaccia sulle rampe per immettersi sul ponte della libertà. Le tre salite lasciano il segno. Duramente. La corsa brillante ed agile lascia il posto alle prime sensazioni di fatica. Ma ancor peggio il super gruppo si disperde e rimango solo soletto alle prese con il ponte della libertà, con il maledetto vento contro che è come una tortura. Stringo i denti ma ora la fatica è bestiale. Al 35° Km, sono ancora in corsa per il mio obiettivo ma le forze calano progressivamente. Qualcuno mi passa e cerco di attaccarmi ma non ci riesco. Al 37° km finisce il ponte con quella fatale salita che a occhio stimo in 300 metri. Nell’affrontarla a denti stretti, repentinamente mi si induriscono le fasce esterne dei quadricipiti e vado un grossa difficoltà, anche se la tenacia mi fa ancora resistere. Arrivo al primo dei 14 ponti dentro Venezia, sul canale della Giudecca e riesco a salirlo bene, ma appena attacco la discesa mi pare che i crampi debbano arrivare da un secondo all’altro. Analoga sensazione per il secondo e terzo ponte. E’ la resa per l’obiettivo delle tre ore. Dal 39° km in poi rallento e proseguo di conserva. E posso fare una cosa che non avevo mai fatto. GODERMI pienamente gli ultimi minuti di gara, guardarmi attorno, salutare chi mi incita, dare i “5” ai bambini che te lo chiedono. Il tutto fra due ali di folla festanti. E’ bellissimo, forse ancora più bello che essersi massacrarsi per fare 2h59’’. Passo il 14° ponte e come sempre , nei 200 metri finali sento dentro una gioia irrefrenabile.
E’ finita. 3h04’47’’ Entro nel tendone spogliatoio e mi cambio con una splendida vista sul mare. E provo quella strana sensazione di felicità-malinconia che ti accompagna quando un grande evento che volevi vivere a tutti costi è ormai finito. Non so ancora se è stata la mia ultima maratona, l’idea era quella anche se sono certo che smaltite le emozioni le sirene tentatrici si rifaranno sentire . La verità è che il tempo da dedicare alla preparazione è sempre meno. E trovarlo comporta sacrifici ancora maggiori che fare l’allenamento stesso. Se sarà stata l’ultima, sarà comunque stata bellissima. 20 anni dopo la prima, forse si è chiuso un ciclo. Ammetto che al pensiero mi prende un groppo in gola. In fondo al mio cuore spero un giorno di riuscire a cambiare idea.
1 giorno fa
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